Episodi

4 agosto: Assalto al “rione Naviglio”

Il 4 agosto, dopo gli scontri del 2 e del 3 agosto, si giungeva al quarto giorno di sciopero mentre in città proseguiva l’afflusso di fascisti. Per gli insorti del rione Naviglio, la giornata iniziava nuovamente sotto i colpi del nemico. I fascisti sparavano da più punti: dagli stabilimenti oltre viale Mentana, dalla torre dell’ex monastero di San Paolo, dalle case più alte di via Felice Cavallotti e da quelle di borgo del Parmigianino. Nelle stesse ore, gli squadristi tentarono una nuova incursione in borgo Torto, l’altro piccolo avamposto antifascista posto sulla sponda destra del torrente.

La situazione sotto il comando dell’ardito del popolo Antonio Cieri si fece critica: iniziarono a mancare munizioni e viveri. Guido Picelli, ricordò alcuni anni dopo:

La situazione del Naviglio si aggravò nuovamente. I fascisti bloccarono i passaggi obbligatori che conducevano all’Oltretorrente. Il collegamento venne perduto. I colombi viaggiatori impiegati anch’essi come mezzo di comunicazione, furono lanciati tutti. Finalmente, una donna, un’operaia [Maria Viola], con molte difficoltà riuscì a portarsi nella sede del Comando degli Arditi del popolo in Parma vecchia e a consegnare un biglietto che teneva nascosto fra i capelli, così concepito: “Altri due morti: Nino Gazzola e Avanzini Ugo [in realtà Gino Gazzola e Carlo Mora]. Il portaordini ferito. Munizioni quasi esaurite; mancano i viveri. Si chiede l’invio immediato di pallottole da fucile e da rivoltella, diversamente saremo costretti a ripiegare, nella notte, sull’Oltretorrente. Si attendono disposizioni. Il comandante del settore“.
La donna ritornò con quanti caricatori poté portare celati nelle vesti e recò la risposta seguente: “L’ordine è: resistere e morire sul posto. Voi ne siete capaci. Troveremo il modo di farvi pervenire munizioni e viveri al più presto possibile. Il Comando della difesa operaia“.
(Guido Picelli, La rivolta di Parma, in “Lo Stato Operaio”, ottobre 1934).

I combattenti non avevano tregua ma dietro le barricate di borgo del Naviglio si continuava a resistere. Una resistenza pagata a duro prezzo. Quel giorno caddero in borgo del Naviglio il quattordicenne Gino Gazzola e Carluccio Mora, che si aggiungevano a Giuseppe Mussini, ucciso poche ore prima sempre in quel rione.

Nel frattempo, in Prefettura, le trattative per raggiungere il cessate il fuoco proseguivano. Finalmente l’accordo: alle 14.00, i combattimenti dovevano cessare. Allo scoccare dell’ora, militari dell’esercito comandati dal colonnello Simondetti si presentarono all’ingresso del rione con l’ordine di cessate il fuoco. La risposta del Direttorio degli Arditi del popolo fu secca:

Le trincee non si toccano, esse costituiscono la legittima difesa della vita degli operai e dei loro quartieri, contro le camicie nere armate, venute a Parma da tutte le parti.
(Riportato in M. De Micheli, Barricate a Parma, Libreria Feltrinelli di Parma, Parma, 1972, p. 121).

Solo il 6 agosto, dopo la proclamazione dello stato d’assedio da parte del generale Lodomez e l’intervento dell’esercitò, iniziò lo smantellamento delle barricate e il disarmo dei combattenti. I soldati vennero accolti come liberatori e gli abitanti dei borghi assediati poterono finalmente abbandonare le loro postazioni. I fascisti non erano passati.

Il “trincerone” di via XX settembre.

 

Condividi su :

Twitter
Telegram
WhatsApp

Torna alla mappa principale

Oppure naviga tra gli altri episodi della mappa

Altri Episodi