Guido Picelli (Parma, 9 ottobre 1889 – El Matoral (Spagna), 5 gennaio 1937)
Guido Picelli nacque a Parma da famiglia di modeste condizioni. Cresciuto nei borghi popolari dell’Oltretorrente, iniziò lavorando come orologiaio presso l’orologeria Landini in piazza Garibaldi, fin quando a 17 anni scappò di casa per seguire una compagnia teatrale. L’attività di attore lo impegnò per circa sei anni, anche se ne coltivò la passione per tutta la vita.
Iscritto al Partito socialista, con lo scoppio della Prima guerra mondiale si attestò su posizioni neutraliste, si arruolò volontario nella Croce rossa italiana e finì infine impiegato come sottotenente di complemento nel 112° Reggimento fanteria, ottenendo anche una medaglia di bronzo al valore militare.
Politicamente, Picelli emerse solo nel 1919 come segretario della federazione parmense della Lega proletaria mutilati invalidi reduci orfani e vedove di guerra, associazione reducistica legata al Psi. Nel febbraio 1920 dava vita alle Guardie rosse, formazione di difesa proletaria attiva in Italia già dal 1919.
Anche il fratello, Vittorio, in quegli stessi anni aveva scelto l’impegno politico, attestandosi però su posizioni diverse rispetto a quelle di Guido: interventista, sindacalista rivoluzionario, dopo aver assunto incarichi importanti all’interno della Camera del Lavoro di borgo delle Grazie, si pose al comando della Legione Filippo Corridoni – organizzazione armata di difesa proletaria dei sindacalisti rivoluzionari – con la quale partecipò alle barricate dell’agosto ’22. Vittorio, dopo un decennio vissuto da perseguitato politico, aderì infine al fascismo.
Vittorio Picelli.
Il 28 giugno 1920, Guido, fu protagonista di una azione clamorosa, sabotò un treno carico di soldati in partenza per l’Albania a difesa della base di Valona; fu immediatamente arrestato. Picelli poté tornare in libertà solo nel maggio 1921, grazie alla elezione alla Camera dei deputati, nelle file del Partito socialista, con un totale di 20.294 preferenze.
Tornato in città, riprese la sua attività politica che adesso si rivolgeva soprattutto contro l’azione fascista. A questo scopo, nell’estate del 1921 Picelli diede vita anche a Parma al corpo degli Arditi del popolo, formazione di difesa proletaria sganciata dai partiti, che anzi fu mal sopportata dal Partito socialista e comunista. Anni dopo Picelli scrisse:
Gli arditi del popolo sorti anche a Parma sin dal 1921 per iniziativa di un gruppo di operai di tendenze diverse, contro la volontà dei capi degli organismi politici e sindacali, tennero testa per più di un anno, in città e nelle campagne, alle camicie nere con una continua ed incessante attività difensiva ed offensiva. Qui il movimento si differenziò un poco da quello delle altre provincie per la sua maggiore disciplina e per l’applicazione tecnica nella tattica delle operazioni armate di strada.
(Guido Picelli, La rivolta di Parma, in “Lo Stato Operaio”, ottobre 1934).
La sua abitazione era sita in borgo Bernabei 71, nel cuore dell’Oltretorrente. Picelli divenne presto uno degli uomini più amati e popolari di Parma; così è stato descritto da Mario De Micheli:
Alto, magro, pallido in volto, col naso aquilino, i baffetti e sempre vestito di nero: nero il cappello, nera la cravatta, nero l’abito. In più aveva sempre con sé una mazza da passeggio. C’era quindi in Picelli anche un elemento pittoresco, romantico, un tono di giovanile spavalderia, qualcosa che poteva ricordare come tipo il patriota del Risorgimento.
(Mario De Micheli, Barricate a Parma, Libreria Feltrinelli di Parma, Parma, 1972, p. 100).
All’interno del Psi non era legato a nessuna corrente, sebbene lo si potesse definire un massimalista sui generis, le fonti di polizia lo descrivono come “socialista rivoluzionario“; nel 1922 chiese l’iscrizione al Partito comunista d’Italia, passaggio che si concretizzerà – dopo un’iniziale veto del Comitato esecutivo del partito – solo nel 1924.
Nonostante la carica di deputato, Picelli in due anni subì quattro arresti per reati quali porto abusivo di armi e formazione di bande armate: si trattò di detenzioni brevi, in quanto la Camera negò ogni volta l’autorizzazione a procedere.
Con l’inizio dello sciopero legalitario, Picelli assunse la guida della rivolta dei rioni popolari, dove furono erte le barricate in difesa contro l’assalto squadrista:
Il Comando degli Arditi del Popolo appena ebbe notizia dell’arrivo dei fascisti, convocò d’urgenza capisquadra e capigruppo e dette loro disposizioni per la costruzione immediata di sbarramenti, trincee e reticolati, con l’impiego di tutto il materiale disponibile. All’alba, all’ordine di prendere le armi ed insorgere, la popolazione operaia scese per la strada, impetuosa come acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi, per dar mano agli Arditi del Popolo a divellere pietre, selciato, rotaie del tramway, scavare fossati, erigere barricate con carri, travi, lastre di ferro e tutto quanto era a portata di mano.
(Guido Picelli, La rivolta di Parma, in “Lo Stato Operaio”, ottobre 1934).
La battaglia durò diversi giorni e i fascisti alla fine non riuscirono ad entrare nei borghi popolari. La vittoria fu comunque temporanea. Il fascismo pochi mesi dopo giunse al potere, mentre Picelli subì una sempre maggiore persecuzione poliziesca. Sciolti gli Arditi del popolo nel dicembre 1922, Picelli costituì una nuova formazione, i Gruppi segreti di azione (o Soldati del popolo) con i quali continuò ad agire fino ai primi mesi del 1923.
Rieletto nel 1924, questa volta nelle fila del Partito comunista, Picelli si trasferì a Roma, presso una abitazione in una via adiacente a piazza San Cosimato, nel cuore di Trastevere, occupandosi del Soccorso rosso e dell’aiuto alle vittime della persecuzione politica del fascismo. A Parma non poteva più tornare, minacciato di morte e pedinato in ogni spostamento. Subì inoltre diverse aggressioni fisiche, mentre la sua compagna, Paolina Rocchetti, venne licenziata dalla ditta in cui lavorava.
A seguito delle leggi fascistissime del 1926, fu arrestato e inviato al confino nella colonia di Lipari. Qui vi restò fino al 1931: liberato, si trasferì a Milano da dove riuscì ad espatriare clandestinamente in Francia assieme alla moglie. Nell’estate del 1932 raggiunse Mosca, dove lavorò in una fabbrica di cuscinetti e insegnò alla scuola per la formazione di quadri comunisti la materia di “elementi di strategia e di tattica militare, struttura e organizzazione delle unità”.
Con lo scoppio della guerra civile spagnola, fu tra i primi volontari ad accorrere in Spagna in difesa della Repubblica. Giunto a Barcellona nel novembre 1936, fu inviato ad Albacete, dove ebbe l’incarico di addestrare trecento volontari che poi guidò egli stesso in battaglia. Promosso comandante del battaglione Garibaldi, Picelli partecipò alla battaglia per la conquista di Mirabueno, Algora e Almadrones. In questi scontri, il 5 gennaio 1937, durante un’azione, Picelli fu colpito mortalmente.
In suo onore si tennero tre imponenti funerali: a Madrid, Valencia e Barcellona.
Bibliografia:
- AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, Step, Parma, 1983
- AA.VV., Storia e documenti. Semestrale dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, 7, 2002
- G. Bocchi, Il ribelle. Guido Picelli una vita da rivoluzionario, Imp, 2013.
- M. De Micheli, Barricate a Parma. Nel cinquantenario della battaglia dell’Oltretorrente contro i fascisti, Libreria Feltrinelli di Parma, Parma, 1972 (ed. or. 1960).
- E. Francescangeli, Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Odradek, Roma, 2000.
- W. Gambetta (a cura di), Guido Picelli. La mia divisa. Scritti e discorsi politici, BFS – Centro studi movimenti, Ghezzano-Parma, 2021.
- M. Giuffredi (a cura di), Nella rete del regime. Gli antifascisti del parmense nelle carte di polizia (1921-1943), Carrocci, Roma, 2004.
- M. Minardi, Nemici in patria. Antifascisti al confino, Mup, Parma, 2018.
- R. Montali (a cura di), Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926), Silva editore, Parma
- M. Severo, Vincenti per tutta la vita. Antifascisti parmensi nella guerra di Spagna, BFS – Centro studi movimenti, Ghezzano-Parma, 2017.
- F. Sicuri (a cura di), Guido Picelli, Centro di documentazione Remo Polizzi, Parma, 1987.
- F. Sicuri, Il guerriero della rivoluzione. Contributo alla biografia di Guido Picelli, UniNova, Parma, 2010.