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Assalto alla sede del Partito popolare a Parma

Il Partito popolare italiano (Ppi) – il partito di riferimento dei cattolici –  aveva chiesto ai suoi iscritti e simpatizzanti di non aderire allo sciopero legalitario, invitando i propri aderenti a proseguire il lavoro. Nei rioni popolari in molti però simpatizzavano con gli antifascisti e di fronte alla spedizione squadrista fraternizzarono con gli insorti e si unirono in difesa delle barricate, come fece ad esempio, il consigliere comunale popolare Ulisse Corazza, colpito dai tiratori fascisti mentre si trovava dietro una delle barricate che davano sul torrente Parma.

Nei giorni tra il 4 e il 5 agosto squadre fasciste presero di mira numerose abitazioni private e studi professionali, oltre che la sede del giornale “Il Piccolo“, del Circolo ferrovieri e quella del Partito popolare, la cui sezione di Parma era situata in borgo G. Tommasini 6. I locali furono devastati, come avrebbe informato alcuni giorni dopo il giornale della diocesi di Parma, “Vita Nuova”:

Furono anche devastate le sedi dell’Unione del Lavoro e del Partito Popolare: in questa ultima azione i fascisti hanno invaso anche il primo piano della casa, occupato dalla nobile famiglia di Conti Anguissola e vi hanno recato danni rilevantissimi con distruzione, dispersione e furto di oggetti di grande valore. Le organizzazioni cristiane avevano consigliato anche in questo sciopero, soprattutto dei servizi più necessari, ad anteporre ad ogni considerazione la vita nazionale.
(Parma centrale, in “Vita nuova”, 12 agosto 1922).

Molti ritennero che dietro la distruzione delle abitazioni e degli studi professionali ci fosse la mano di Luigi Lusignani – anch’egli avvocato ed ex Sindaco di Parma, che all’avvento del fascismo aveva stretto forti legami con gli squadristi della Bassa parmense (Alcide Aimi) e con il ras di Cremona, Roberto Farinacci.

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