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Sede degli Arditi del popolo

Luogo: Piazzale Inzani

E’ costituito in Parma e Provincia il Corpo degli Arditi del Popolo con lo scopo di difendere con ogni mezzo i lavoratori del braccio e del pensiero dalle violenze nemiche e da ogni sorta di sopraffazioni.
(Art. 1, Statuto degli Arditi del popolo – Parma).

Nell’estate del 1921, su iniziativa del deputato socialista Guido Picelli, si costituirono anche a Parma gli Arditi del popolo (Adp), formazione di difesa proletaria, nata sulla scia dell’esperienza del gruppo romano guidato da Argo Secondari. Gli Adp erano una organizzazione armata che si poneva l’obbiettivo di costituire un fronte unico in difesa dei lavoratori contro le violenze fasciste e padronali che da diversi mesi imperversavano ovunque, compreso nel parmense.

L’organizzazione intendeva fronteggiare gli attacchi alla libertà e alla incolumità dei lavoratori sempre più minacciata dai fascisti e dalle forze dell’ordine. Il fine ultimo era quello di costituire un fronte unico popolare che tenesse assieme le organizzazioni del movimento dei lavoratori, da sempre segnate da forti contrasti e divisioni.

Al fronte unico borghese, bisogna opporre quello proletario. Solo con l’unità avremo il sopravvento, poiché è indiscutibile che noi siamo una forza, forza che non si impone oggi, solo perché divisa in tanti piccoli raggruppamenti in disaccordo tra di loro. […] La borghesia non si divide e non discute, uccide senza pietà. Il fascismo ha per primo comandamento: Ammazzare. Occore perciò abbandonare pel momento le critiche e le polemiche inconcludenti, dimenticare i vecchi rancori, scendere sul comune terreno della difesa ed agire.
(Guido Picelli, Unità e riscossa proletaria, Tipografia Pelati, Parma, 1922, p. 18).

I propositi di unità venivano però frustrati dai partiti e in parte dalle centrali sindacali che guardavano con sospetto – se non ostilità – agli Adp. Il Partito comunista d’Italia, ad esempio, si oppose fermamente, vietando ai propri iscritti di aderirvi. A Parma questo indirizzo creò molti problemi, poiché diversi comunisti vi aderirono e per questo furono espulsi, come ad esempio il primo segretario della Federazione parmense del Pcd’I, Umberto Filippini. Anche all’interno del Partito socialista, al quale Picelli apparteneva, una parte dei dirigenti considerava l’organizzazione/milizia una minaccia per il partito Al contrario la corrente dei terzini (favorevole all’adesione all’Internazionale comunista) aderì con convinzione. I sindacalisti rivoluzionari “corridoniani” di borgo delle Grazie costituirono invece una propria formazione armata, la Legione proletaria “Filippo Corridoni” (o “Arditi proletaria”).

Arditi del Popolo di Parma, foto scattata nel retro dell’Osteria Speculati, in borgo Naviglio (Archivio storico comunale di Parma, fondo Zerbini)

Il primo nucleo di Arditi del Popolo nacque nel rione Naviglio, pare infatti che la loro prima sede fosse posta in borgo Trinità. Qui partì nell’agosto del 1921 il corteo di Arditi del popolo che, guidati da Picelli, marciò fino a raggiungere la Camera confederale del Lavoro in via Imbriani dove si svolse il convegno fondativo. Ed è proprio nel rione Naviglio che gli Arditi avrebbero sostenuti gli scontri più duri durante l’assalto fascista dell’agosto 1922.

Il “trincerone” di via XX settembre, nel rione Naviglio, agosto 1922.

Non è chiaro quanti fossero gli aderenti, studi recenti hanno ricostruito un elenco di circa 300 membri. Si trattava in larga parte di operai e lavoratori: i gruppi più consistenti erano quelli dei muratori (68), dei piccoli artigiani (44), operai d’industria (34), facchini (21), braccianti (18) ferrovieri (10) e di lavoratori salariati con differenti professionalità (51); appena 11 quelli dediti al lavoro intellettuale.

Al momento dell’adesione, l’aspirante Ardito era chiamato a pronunciare un giuramento che lo vincolava all’organizzazione:

Per il bene dei miei fratelli che soffrono le violenze dell’attuale società basata sui principi della più umiliante schiavitù. Per tutti i morti di guerra e dei caduti per mano dei sicari della borghesia mondiale, giuro di combattere sino al sacrificio di me stesso, considerando nulla la mia vita nei confronti dei benefici che alla umanità posso con la mia opera portare.
Giuro che facendo parte degli Arditi del Popolo non sono spinto da nessun pensiero egoistico, anzi, ritengo che nulla di ciò che l’umanità crea mi appartiene, bensì alla comunità.

Gli Arditi del Popolo divennero rapidamente l’avamposto armato in difesa dei borghi popolari, dove nel corso dei mesi si verificarono diversi scontri coi fascisti. Dopo la proclamazione dello sciopero legalitario da parte dell’Alleanza del Lavoro e l’assedio della città da parte di migliaia di fascisti, gli Adp presero il comando della rivolta, ponendo la propria sede in piazzale Inzani.

Il Comando degli Arditi del Popolo appena ebbe notizia dell’arrivo dei fascisti, convocò d’urgenza capisquadra e capigruppo e dette loro disposizioni per la costruzione immediata di sbarramenti, trincee e reticolati, con l’impiego di tutto il materiale disponibile. All’alba, all’ordine di prendere le armi ed insorgere, la popolazione operaia scese per la strada, impetuosa come acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi, per dar mano agli Arditi del Popolo a divellere pietre, selciato, rotaie del tramway, scavare fossati, erigere barricate con carri, travi, lastre di ferro e tutto quanto era a portata di mano. In poche ore, i rioni popolari della città presentarono l’aspetto di un campo trincerato. La zona occupata dagli insorti fu divisa in quattro settori: Nino Bixio e Massimo D’Azeglio nell’Oltretorrente; Naviglio e Saffi in Parma Nuova. Ogni squadra era composta  di otto-dieci uomini, e l ‘armamento costituito da fucili modello 1891, moschetti, pistole d’ordinanza, rivoltelle automatiche, bombe SIPE.
(Guido Picelli, La rivolta di Parma, in “Lo Stato Operaio”, ottobre 1934).


Le barricate di via Bixio.

Le giornate gloriose di agosto non bastarono a fermare il fascismo, il quale pochi mesi dopo giunse al potere, dove sarebbe rimasto per più di venti anni. Il 14 dicembre 1922, Picelli scioglieva ufficialmente gli Arditi del popolo, costituendo poco dopo una nuova organizzazione armata clandestina, i Gruppi segreti di azione (o Soldati del popolo) che agirono fino alla metà del 1923, quando verranno individuati e arrestati.

Prima pagina de “L’Ardito del popolo”, periodico degli Arditi del popolo di Parma.

Bibliografia:

  • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, Step, Parma, 1983
  • G. Bottioni, La nascita del P.C.I. a Parma: 1921-1926, Biblioteca Umberto Balestrazzi, Parma, 1981.
  • M. De Micheli, Barricate a Parma. Nel cinquantenario della battaglia dell’Oltretorrente contro i fascisti, Libreria Feltrinelli di Parma, Parma, 1972 (ed. or. 1960).
  • E. Francescangeli, Ardito del popolo e quadro nazionale. Identità e memoria dell’antifascismo originario (1921-1922), in AA.VV., Storia e documenti. Semestrale dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, 7, 2002, pp. 11-22.
  • E. Francescangeli, Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Odradek, Roma, 2000.
  • W. Gambetta, L’esercito proletario di Guido Picelli (1921-1922), in AA.VV., Storia e documenti. Semestrale dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, 7, 2002, pp. 23-46.
  • W. Gambetta (a cura di), Guido Picelli. La mia divisa. Scritti e discorsi politici, BFS – Centro studi movimenti, Ghezzano-Parma, 2021.
  • M. Minardi, Le “trincee del popolo”. Borgo del Naviglio, rione Trinità, Parma 1922, Ediesse, Roma, 2012.
  • R. Montali (a cura di), Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926), Silva editore, Parma
  • F. Sicuri (a cura di), Guido Picelli, Centro di documentazione Remo Polizzi, Parma, 1987.
  • F. Sicuri, Il guerriero della rivoluzione. Contributo alla biografia di Guido Picelli, UniNova, Parma, 2010.

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