Luogo: Borgo San Basilide 30 (borgo non più esistente, originariamente situato presso l’attuale via Costituente)
Dopo il congresso di Livorno, che nel gennaio 1921 segnò la scissione della frazione comunista dal Partito socialista e la conseguente nascita del Partito comunista d’Italia (Pcd’I), anche a Parma si costituì una federazione provinciale, che tenne il suo primo congresso il 27 marzo dello stesso anno ed elesse come primo segretario Umberto Filippini.
Nettamente minoritario all’interno del movimento socialista parmense, il neo-nato partito andò incontro a numerose difficoltà. Il numero di iscritti oscillò, tra il 1921 e l’estate del 1922, fra i 140 e i 190. Nei giorni della rivolta dell’agosto ’22 i giovani comunisti organizzati in squadre espressero la volontà di aderire agli Arditi del popolo (Adp). Dal partito centrale giunse il netto divieto, proibendo ai comunisti la partecipazione ad organismi che non fossero diretta emanazione del partito. Inoltre gli Arditi del popolo perseguivano un’attività di tipo difensivo, mentre per il centro del partito l’organizzazione militare comunista doveva avere soprattutto scopi offensivi in ottica rivoluzionaria. Ai comunisti non rimase altro che partecipare alle barricate inquadrati nelle proprie squadre armate.
A Parma però il richiamo degli Adp sui comunisti era molto forte, tanto da provocare le dimissioni di alcuni membri e l’espulsione di Filippini per aver aderito alla formazione che in città era comandata da Guido Picelli.
Proprio il rapporto del partito locale con Picelli era stato alla base di un forte dissidio tra la federazione parmense e la direzione nazionale del partito in occasione delle elezioni politiche del maggio 1921, quando i comunisti parmensi – assieme a quelli piacentini – rifiutarono i candidati imposti dal centro e presentarono intenzionalmente una lista con firme irregolari, provocandone così l’annullamento. L’obiettivo era quello di far convergere i voti comunisti su Picelli e su Angelo Faggi, entrambi detenuti in carcere. La federazione fu quindi sciolta per indisciplina e ricostituita verso la fine del 1921.
I problemi nel partito proseguirono anche nel 1922, sebbene si assistette ad una maggiore capacità organizzativa sotto il segretario Pietro Illari, maestro, poeta futurista amico di Marinetti. In questi mesi la federazione riuscì a pubblicare un proprio periodico “L’Idea Comunista” che uscì per soli sei numeri. Dopo aver utilizzato come sede alcuni locali della Usp in borgo Rossi 1, la federazione stabilì la propria sede in borgo San Basilide 30.
Prima pagina del primo numero de “L’Idea Comunista”.
Nella seconda metà del 1922 la federazione entrò nuovamente in crisi, anche in conseguenza della mancata iscrizione di Guido Picelli al Pcd’I a causa del veto posto dal Comitato esecutivo nazionale, che aveva bloccato la pratica di iscrizione. Il segretario provinciale, Pietro Illari, si dimise e al suo posto venne nominato nel luglio dello stesso anno Arduino Giuberti.
La federazione andò incontro a un forte declino, aggravato dall’attività repressiva del governo Mussolini. Febbraio del 1923 fu infatti segnato dalla forte repressione governativa, tanto che la Federazione di Parma venne sciolta e gli iscritti aggregati a quella di Reggio Emilia. A comunicarlo ai compagni di Parma fu Palmiro Togliatti:
Cari compagni,
[…] Abbiamo ricevuto comunicazioni delle condizioni in cui si trova attualmente la vostra provincia, la organizzazione politica del nostro partito. C’è stato fatto presente che queste condizioni sono molto cattive, che siete ridotti assai pochi di numero, quasi completamente privi di elementi direttivi, e che per giunta per i pochi rimasti è quasi impossibile continuare a fare un utile buon lavoro organizzativo. Noi non siamo stupiti di tali condizioni di cose, ed è lungi da noi il pensiero di farne in alcun caso risalire a voi le colpe. Noi riconosciamo anzi che a Parma il partito ha avuto uno dei centri più notevoli e un gruppo di eroici compagni il quale aveva saputo, dando l’esempio continuo dell’attività e del sacrificio nella lotta incessante, risolvere il problema che per il partito nostro è il più importante di tutti, quello di tenere raccolte intorno a sé anche nei più gravi momenti, le masse del proletariato. […] Abbiamo perciò deciso di affidare la vostra zona per quel che riguarda la organizzazione politica del partito, alla direzione e al controllo di un altro centro federale, quello di Reggio Emilia.
(riportata in G. Bottioni, La nascita del P.C.I. a Parma: 1921-1926, Biblioteca Umberto Balestrazzi, Parma, 1981, pp. 123-124).
Col 1924 si ricostituì la federazione nel parmense, grazie alla fusione con la frazione dei terzinternazionalisti (terzini) provenienti dal Psi, guidata da Giuseppe Isola, e soprattutto all’ingresso nel partito – dopo due anni dall’invio della domanda – di Guido Picelli. In tal modo il Pcd’I divenne il principale partito di opposizione al fascismo, sebbene costretto a operare in condizioni di semi-clandestinità. Le leggi fascistissime del 1926 posero fine alla federazione, con l’arresto e l’invio al confino del gruppo dirigente del Pcd’I locale (tra i principali esponenti: Guido Picelli, Giuseppe Isola, Dante Gorreri, Enrico Griffith, Giuseppe Guatelli, Giuseppe Iliaruzzi).
Bibliografia:
- AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, Step, Parma, 1983
- G. Bottioni, La nascita del P.C.I. a Parma: 1921-1926, Biblioteca Umberto Balestrazzi, Parma, 1981.
- L. Brunazzi, Parma nel dopoguerra 1919-1920, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, Parma, 1981.
- D. Gorreri, Parma 1943. Un popolo in armi per conquistarsi la libertà, Step, Parma, 1975.
- F. Sicuri (a cura di), Comunisti a Parma. Atti del convegno tenutosi a Parma il 7 novembre 1981, Step, Parma, 1986.
- F. Sicuri, Il rosso e il nero. La politica a Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1925), in “Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926)”, a cura di Roberto Montali, Silva editore, Parma, 2008, pp. 9-72.
- P. Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, vol. I, Einaudi, Torino, 1967.