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Il Partito popolare di Parma

Luogo: borgo Giacomo Tommasini 6

Nel febbraio 1919 si costituì anche a Parma la sezione del Partito popolare italiano (Ppi), formazione cattolica che poche settimane prima era stata fondata da don Luigi Sturzo. La sede era stata fissata in borgo G. Tommasini 6, dove avrebbe trovato ospitalità anche il sindacato d’ispirazione cattolica collegato con il Ppi. Sebbene si proponesse come un’organizzazione aconfessionale, il Ppi diventava il punto di riferimento del mondo cattolico, che poteva così finalmente esercitare una propria autonomia politica.

Primo segretario della sezione cittadina fu l’avv. Francesco Fontana, sostituito in seguito dall’avv. Michele Valenti e poi dall’ing. Felice Corini. Nel frattempo si costituiva anche la federazione provinciale: il primo congresso si tenne nell’ottobre del 1919 ed elesse come segretario Giuseppe Micheli.

Micheli rappresentava senza dubbio la figura di maggiore rilievo: attivissimo dirigente del movimento cattolico fin dalla fine dell’Ottocento, era divenuto nel 1908 il primo cattolico-deputato della provincia di Parma. In questi anni era alle prese con i problemi socio-economici dell’Appennino, il tutto abbondantemente documentato dalle pagine del settimanale “La Giovane Montagna“, da lui fondato. Eletto deputato, Giuseppe Micheli fu anche ministro in tre governi: ministro dell’Agricoltura nel governo Nitti II e Giolitti V, ministro dei Lavori pubblici nel governo Bonomi I.

Era proprio nei comuni dell’Appennino parmense e della collina che il Ppi raccoglieva i maggiori consensi, incontrando invece stringenti difficoltà in città e in pianura.

Accolto con favore dal giornale della diocesi di Parma, “Vita Nuova“, nell’ottobre 1919 contava a livello provinciale 44 sezioni e 2.612 iscritti, numero destinato a crescere nei mesi successivi. Contemporaneamente, accanto al partito, nasceva anche l’organizzazione sindacale cattolica, “Unione del lavoro” (Uil), aderente alla Confederazione italiana del lavoro.

La Uil era così la quarta Camera del Lavoro presente in città. Primo segretario fu don Antonio Marini con circa 15.000 iscritti nel febbraio 1920, per la maggior parte piccoli proprietari, affittuari e mezzadri e una settantina tra associazioni, cooperative di credito, agricole e di lavoro e dell’associazionismo cattolico che aveva uno dei suoi punti di forza nel Circolo Domenico Maria Villa, diretto dai padri Stimmatini e fondato nel 1908.

Alle elezioni amministrative del novembre 1920, a sorpresa i popolari si allearono con i liberali, ottenendo la vittoria. Parma era quindi amministrata da una giunta popolare-liberale, guidata dal sindaco Amedeo Passerini (nel 1920 unico caso in Emilia di un comune capoluogo governato da una coalizione di centro-destra).

I rapporti col fascismo furono invece problematici. Nel corso del 1922, il Ppi parmigiano fu infatti oggetto di una violenta campagna mediatica da parte del fascio locale:

E mentre noi combattevamo lasciando sul terreno tanti morti per liberare l’Italia da una infamia, il Partito popolare (almeno quello di Parma) che aveva dichiarata la propria benevole neutralità per godersi immeritatamente i frutti dei nostri sacrifici, sghignazzava alle nostre spalle ed alle nostre spalle ci pugnalava. […] Questi, o fascisti, sono i nostri veri nemici.
(Richiamo, in “La Fiamma”, 24 giugno 1922).

Ancora più severo era un articolo pubblicato pochi giorni prima delle barricate d’agosto, che battezzò i popolari con l’appellativo di “bolscevismo nero“:

I peggiori nemici [del fascismo] sono rintanati nelle sagrestie, dove è maggiore la sadica voluttà diffamatoria, dove è più orrenda la libidine dell’odio, dove è più oscena la turpitudine politica.
(Bolscevismo nero, in “La Fiamma”, 15 luglio 1922).

Dinanzi alla proclamazione dello sciopero legalitario, la Uil si dichiarò subito contraria e Giuseppe Micheli, alcuni giorni dopo, inviò un plauso agli iscritti per aver proseguito compatti il lavoro, sabotando così lo “sciopero inconsulto”. In realtà nelle giornate di agosto 1922, dietro le barricate si trovarono molti cattolici e l’apporto di sacerdoti, tra cui don Aldo Musini, parroco di San Giuseppe, che cedette ai rivoltosi i banchi della chiesa per la costruzione delle barricate, e don Giuseppe Orsi, parroco della chiesa della Santissima Trinità. A tal proposito, Italo Balbo registrava nel suo diario:

Molti popolari. Partecipano alla resistenza sovversiva persino alcuni preti in sottana che hanno offerto viveri e banchi di chiesa per gli sbarramenti.
(Italo Balbo, Diario 1922, Mondadori, Milano, 1932, p. 116).

Ma il nome che maggiormente si lega alla partecipazione cattolica alle barricate fu quello di Ulisse Corazza. Classe 1895, eletto consigliere comunale nelle elezioni del 1920, cadde colpito dai tiratori fascisti il 4 agosto 1922, mentre col suo moschetto si affacciava dalla barricata di borgo delle Carre.

La partecipazione di nuclei popolari alla rivolta (aderenti al sindacato e abitanti nei rioni popolari) fu la ragione per la quale, il 5 agosto 1922, gruppi di squadristi assaltarono la sede del Ppi di Parma, della Uil e dell’Ufficio provinciale della cooperazione cattolica, che avevano tutti sede in borgo Tommasini 6, causando danni materiali ingenti.

Bibliografia:

  • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, Step, Parma, 1983
  • P. Bonardi, La violenza del 1922 nel Parmense, Tipolitotecnica, Sala Baganza, 1992.
  • C. Boggio Tomasaz, Cattolici e impegno politico a Parma, 1900-1925, Il Borgo, Parma, 1998.
  • L. Brunazzi, Parma nel dopoguerra 1919-1920, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma, Parma, 1981.
  • G. Cavalli, Le “cinque giornate” di Parma e Ulisse Corazza, in G. Cavalli (a cura di), Il contributo dei cattolici alla lotta di Liberazione in Emilia-Romagna. Atti del 2° convegno di studi, Salsomaggiore 1-3 maggio 1964, Associazione partigiani cristiani, Parma, 1966, pp. 243-270.
  • A. Leoni, Il circolo cattolico “Domenico Maria Villa” dell’Oltretorrente durante il pontificato di Pio XI, in P. Pecorari (a cura di), Chiesa, Azione cattolica e fascismo nell’Italia settentrionale durante il pontificato di Pio XI (1922-1939), Vita e Pensiero, Milano, 1979.
  • R. Montali (a cura di), Le due città. Parma dal dopoguerra al fascismo (1919-1926), Silva editore, Parma.
  • M. Truffelli, G. Vecchio (a cura di), Giuseppe Micheli nella storia d’Italia e nella storia di Parma, Carrocci, Roma, 2002.

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