Italo Balbo (Quartesana 6 giugno 1896 – Tobruk 28 giugno 1940)
Inizialmente vicino alle idee repubblicane, partecipò come volontario alla Prima guerra mondiale, tenente degli alpini e degli arditi, decorato al valore. Finita le guerra, si iscrisse al fascismo nel dicembre 1920, divenendo subito uno dei protagonisti dello squadrismo ferrarese, assumendone il comando. Nel suo diario ha scritto:
Nel progressivo e rapido incalzare del destino, che mi portava dalla mia città di provincia a capeggiare forze rivoluzionarie delle provincie vicine e da queste al comando dei reparti nazionali, io mi occupai, con maggior passione, delle formazioni militari del movimento fascista. La mia vocazione era, e restava, quella del soldato. […] Entrai nel fascismo ferrarese quale capo militare delle squadre, per violare la già intangibile e rossa campagna ferrarese ove i fascisti non si erano ancora avventurati.
Italo Balbo, Diario 1922, Mondadori, Milano, 1932, pp. 9-10.
Legato agli agrari ferraresi, affiliato alla massoneria di Piazza del Gesù, svolse la sua azione in funzione antibolscevica in tutta l’Emilia-Romagna, sconfinando anche al di fuori della regione. Si oppose duramente a qualsiasi tentativo di pacificazione con i socialisti, contro i quali propugnava la lotta ad oltranza. L’11 maggio 1922 organizzò la marcia dei 40.000 braccianti disoccupati, occupando la città di Ferrara e obbligando il governo a concedere importanti finanziamenti per la realizzazione di opere pubbliche. Sempre nel maggio 1922 entrò nella direzione nazionale del Partito fascista, divenuto ormai uno degli elementi di spicco dell’intero fascismo, nonché uno dei più abili organizzatori militari.
Il 29 maggio 1922 guida l’occupazione di Bologna. A fine luglio, a seguito dell’uccisione del fascista Giovanni Balestrazzi, marciò con le sue squadre su Ravenna.
Abbiamo rapito prima dell’alba la salma del povero Balestrazzi che si trovava all’ospedale, e che ci era stata negata dall’Autorità. Ho il mio piano. Il nostro disgraziato ed eroico camerata servirà la causa fascista anche dopo morto. Il cadavere è stato collocato alla casa del Fascio. Vado dal prefetto e gli dico che i funerali si svolgeranno oggi a nostra cura, nel modo e coi riti nostri. Ma non garantisco affatto che incidenti gravi non si producano. […] non appena il corteo, in testa al quale marcio io stesso, ha compiuto due o trecento metri […] le nostre squadre piombano rapidamente, dopo una corsa di pochi minuti, sulla Casa del Popolo dei repubblicani.
(Ibidem, p. 100.)
Dopo giorni di violenze e devastazioni, le squadre guidate da Balbo abbandonarono la città, distruggendo tutto ciò che incontrarono sul cammino:
Siamo passati da Rimini, Sant’Arcangelo, Savignano, Cesena, Bertinoro, per tutti i centri e le ville tra la provincia di Forlì e la provincia di Ravenna, distruggendo e incendiando tutte le case rosse, sedi di organizzazioni socialiste e comuniste. E’ stata una notte terribile. Il nostro passaggio era segnato da alte colonne di fuoco e di fumo. Tutta la pianura di Romagna fino ai colli è stata sottoposta alla esasperata rappresaglia dei fascisti, decisi a finirla per sempre col terrore rosso.
(ibidem, p. 109).
Proprio in quei giorni l‘Alleanza del Lavoro proclamava lo sciopero legalitario, che sarebbe fallito quasi ovunque. Balbo era appena giunto a Ferrara, quando dalla direzione del partito fascista gli comunicarono che la situazione era molto grave a Parma: qui infatti – gli riferirono – i “sovversivi” erano padroni di interi quartieri e avevano eretto barricate. Il partito gli chiese quindi di recarsi a Parma e di prendere il comando della città.
A Parma giungeva al mattino del 4 agosto, con il compito di risolvere una situazione che nel corso delle ore precedenti era precipitata:
Ingresso in città alle prime luci dell’alba. Movimento di pattuglie. Spari. La popolazione civile ha vegliato insonne: quasi tutte le finestre sono illuminate.
(Ibidem, p. 115),
Giunto in città, pose la sede del comando fascista in piazzale Steccata, presso l’Hotel croce bianca, e si recò in mattinata dal prefetto, comunicandogli l’ultimatum: o la città tornava alla normalità entro le 12 dello stesso giorno, o i fascisti si sarebbero sostituiti all’autorità pubblica. L’ultimatum fu prorogato alle 14 ma le modalità di realizzazione indispettirono Balbo che ruppe i rapporti col prefetto e chiese in cambio della smobilitazione fascista, la cessione di tutti i poter all’autorità militare, cosa che avvenne alle ore 24 del 5 agosto, non prima però di aver tentato – e fallito – un’ultima sortita in Oltretorrente.
Hotel croce bianca, sede del comando fascista. Edificio non più esistente, distrutto nei bombardamenti del 1944.
Il 6 agosto cominciò quindi la smobilitazione fascista. Balbo, dopo aver arringato le camicie nere in Pilotta, lasciò la città, accompagnato da un’ultima provocazione da parte dei rivoltosi, che spararono alcuni colpi contro la sua auto in transito in strada Garibaldi.
Nei mesi successivi fu ancora protagonista delle vicende nazionali del partito fascista. Fece parte del quadrumvirato che guidò la marcia su Roma, da allora la sua fortuna nel regime non tramontò mai, godendo di grande popolarità – soprattutto con le sue famose trasvolate – e occupando importanti incarichi, come quello di ministro dell’Aereonautica e di governatore della Libia. Proprio in Libia trovò accidentalmente la morte pochi giorni dopo l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, abbattuto in volo per errore dalla contraerea italiana.
Bibliografia:
- I. Balbo, Diario 1922, Mondadori, Milano, 1932.
- A. Baravelli (a cura di), Il fascismo in persona. Italo Balbo, la storia e il mito, Mimesis, Milano-Udine, 2021.
- M. Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Mondadori, Milano, 2003.
- G.B. Guerra, Italo Balbo, Vallardi, Milano, 1984.
- G. Rochat, Italo Balbo, Utet, Torino, 1986.
- C.G. Segrè, Italo Balbo. A fascist life, University of California Press, Berkley, 1987.