Borgo Torto (oggi via Corso Corsi) fa parte del nucleo di borghi situati a nord della via Emilia. Abitato soprattutto da operai e famigli di lavoratori appartenenti ai ceti popolari. Durante l’assedio fascista venne trasformato in fortino antifascista dopo la proclamazione dello sciopero legalitario. Le due barricate poste agli estremi della via (all’imbocco di borgo Valorio e in prossimità di strada Saffi) divennero confine invalicabile per le camicie nere durante le cinque giornate.
Difeso da una squadra di Arditi del popolo guidata da Carlo Coloriti, ribattezzato “capitano di borgo Torto”, la via divenne sorta di avamposto della zona, sebbene assia difficile da difendere rispetto a quelli situati sull’altra sponda del torrente.
Gli squadristi tentarono diverse incursioni nel borgo, attaccando sia da viale Mentana, passando per lo stradello di San Girolamo, che da strada Vittorio Emanuele (oggi strada Repubblica), scendendo per borgo Valorio. I tentativi furono regolarmente respinti, nonostante la sproporzione di forze in campo fosse a vantaggio degli assalitori; solo in occasione di quello che venne indicato come l’ultimo assalto, i fascisti poterono vantarsi di esser riusciti a “conquistare” una bandiera rossa – in realtà uno straccio – strappandola dalla barricata che si affacciava su borgo Valorio.
Tra i racconti della “battaglia” di borgo Torto, quello riportato dal periodico sindacalista “L’Internazionale”, appare assai lucido:
La battaglia arde ed è pericolosa. La mitraglia crepita, sembra che le turbe fasciste riescano a rompere e superare le difese. Il difensore di un posto avanzato è arrestato in una sortita. Manca così l’indispensabile e provetta mano che agisca l’arma che difende un settore. Guai se quel fianco resta scoperto.
Un giovinetto sedicenne vede e capisce e corre a prendere il posto del compagno catturato. Era suo fratello.
La madre lo vede e sente l’orgoglio della sua razza e gli grida: spara, tieni fermo. E corre a rifornirlo di munizioni e a porgergli il bacio della sua anima.
La posizione è rimasta inespugnata per il giovinetto eroe.
(In Borgo Torto. Giovinetto eroico, in “L’Internazionale, 12 agosto 1922).
Al termine dello scontro, il Direttorio degli Arditi del popolo inviò il seguente messaggio ai compagni dei rioni Naviglio e Saffi:
Ai valorosi arditi del popolo dei gruppi Naviglio e Saffi. Avete vinta la più terribile delle battaglie. Già temprati nella lotta e già provati al fuoco avete compiuto lo sforzo gigantesco con tutto il coraggio e con tutta la fede, circondandovi di gloria.
I vostri fratelli dell’Oltretorrente salutano in voi gli eroi del proletariato parmense. I compagni morti col sorriso negli occhi ed al canto dei nostri inni, passano alla storia segnando la pagina più bella!
I barbari davanti a voi hanno tremato e battuto vigliaccamente in ritirata. La grandezza, il coraggio e la fierezza vostra li ha offuscati, annientati. Ai fascisti, moderni Unni, assetati d’odio e di vendetta contro i proletari e contro coloro che professano idee di libertà, che distruggono case e massacrano vecchi, donne e bambini, avete insegnato come si muore e si vince. Il Naviglio trasformato in fortezza inespugnabile dai valorosi figli del Popolo, è ormai sacro perché bagnato di sangue generoso e tutta Italia proletaria vi guarda con l’animo pieno di ammirazione e di speranza. Ai martiri, agli eroi delle sei giornate, il nostro saluto.
(Le pagine più grandiose della storia del proletariato d’Italia, in “L’Ardito del popolo”, 1 ottobre 1922).